Non togliete i bambini, unica speranza per un futuro migliore
di Franco Occhiogrosso
(articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 5.1.05)
Il 2005 nasce nel peggiore dei modi. Come si possono fare gli auguri di buon anno ai lettori, quando una tragedia senza precedenti si è abbattuta sull’Asia e sul mondo intero; quando siamo in lacrime per i nostri morti, per tutti i morti? Perché, come dice il Presidente Ciampi, la rapidità delle comunicazioni e la televisione hanno prodotto anche la globalizzazione del dolore. E così una tragedia, che – prescindendo dagli italiani coinvolti – in passato ci avrebbe forse interessato poco, oggi ci tocca da vicino, ci porta a non festeggiare il nuovo anno, alle fiaccolate di solidarietà, ai muri pieni di foto dei dispersi come già era accaduto per l’11 settembre, a percorrere strade alternative di comunicazione e di manifestazioni di solidarietà come Internet e gli sms. E il modo in cui questa terribile vicenda si va svolgendo mi induce a qualche riflessione ulteriore. 1) Mi ha colpito l’altissimo numero di dispersi rilevato. Secondo il vocabolario Treccani, disperso si dice di persona scomparsa in occasione di fatti bellici o di una catastrofe senza che sia stato possibile accertare in modo sicuro la sua morte. E in questa catastrofe vi sono tantissimi dispersi. Disperso è in sostanza un modo garbato di dire che una persona è deceduta, lasciando tuttavia aperta la porta alla speranza che non sia così. Ma ciò può valere solo per un breve lasso di tempo. Alla distanza emerge il vero terribile significato di quel termine: il non avere una tomba su cui piangere, il non essere mai giunti ad una certezza, ad una identificazione delle spoglie. Tutta la nostra civiltà da Omero fino a Foscolo si fonda su questa cultura, sul rispetto per i morti e sulla costante ricerca di restituzione delle spoglie. Questa logica è tuttora attuale. E’ quella che ha portato ad ottenere le spoglie di Quattrocchi, è quella che rende ancora più triste la morte di Baldoni, la cui salma non è stata restituita. 2) Un altro punto interessante della vicenda è stato il fatto che il popolo degli aspiranti adottanti (per lo più americani ed europei) ha fatto sentire subito la sua voce con la richiesta di adottare i bambini rimasti orfani. Giustamente l’Unicef ha dirottato queste richieste sulle adozioni a distanza. Ricordo che negli anni ’70 in occasione di un confronto tra Paesi di provenienza degli aspiranti adottanti e quelli dei bambini da adottare, molti di questi ultimi spiegarono la loro contrarietà all’adozione dicendo: i bambini rappresentano la nostra speranza per un futuro migliore; se ci togliete i bambini, ci togliete ogni speranza per il futuro. 3) Infine, tante sono state le piccole grandi tragedie individuali. Ha fatto notizia quella della madre che, non riuscendo a salvare dalle acque i suoi due figlioletti, ha trattenuto il più piccolo, affidando l’altro ad una sconosciuta, che però non è riuscita a tenerlo. Questo bambino si è comunque salvato, contando sulle sue forze. Il dramma della madre è ora come spiegare al figlio la sua scelta di salvare il fratello e non lui. E’ forse un problema che si porteranno con sé per tutta la vita: eppure, non basterebbe dire al figlio che si è trattato di una scelta dell’istinto materno, rivelatasi alla fine vincente?