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Angelo Vaccaro: note sul ddl 4294 in materia di difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili e modifica degli articoli 336 e 337 del codice civile in materia di procedimenti davanti al tribunale per i minorenni (4.12.03)

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E' iniziato il giorno 3 dicembre 2003 dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l'esame del ddl n. 4294 intitolato "Disciplina della difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili e modifica degli articoli 336 e 337 del codice civile in materia di procedimenti davanti al tribunale per i minorenni" . La prosecuzione dell'esame del ddl è stata fissata per il giorno 17 p.v.

Il testo è consultabile sul nostro sito (vai al testo del ddl).

Nel documento che presentiamo, redatto dal dott. Angelo Vaccaro, Presidente della Corte di Appello di Potenza e membro del Consiglio Direttivo dell'AIMMF, viene esaminata in modo dettagliato la proposta governativa e vengono evidenziate le diverse lacune ed incongruenze dell'articolato che si auspica possano essere integrate e corrette durante il corso dei lavori parlamentari ( vai al testo del documento)

Le principali osservazioni possono essere come di seguito riassunte:

a) esigenza di coordinamento tra le norme procedurali di cui agli artt. 737 e ss c.p.c. e quelle di cui agli artt. 337 e ss c.c., come modificate dal ddl;

b) dettare un criterio unico per la determinazione della competenza territoriale in tutti i procedimenti di competenza del T.M. ( preferibilmente stabilendola per tutti con riferimento al luogo in cui vive il minore );

c) quanto al problema della esecuzione dei provvedimenti che concernono minori, l’art. 4 della progetto (che introduce l’art. 337-sexies) si limita a spostare la vigilanza sull’osservanza delle condizioni stabilite per l’esercizio della potestà, dal giudice tutelare, come attualmente, al giudice di primo grado che ha emesso il provvedimento; però a stretto rigore, la “vigilanza” non comporta il potere di dettare modalità esecutive. Restano irrisolti i rilevantissimi problemi (teorici e pratici) che sorgono nella esecuzione dei provvedimenti. Mancano quindi disposizioni riguardanti: i poteri del giudice che pronuncia il provvedimento di stabilire le modalità di esecuzione; la necessità di delegare ad un giudice la vigilanza, attribuendogli il potere di modificare le modalità esecutive, di sospendere l’esecuzione ecc.;

d) manca nel ddl 4294 una disciplina specifica in ordine ai limiti ed ai motivi della revoca o modifica dei provvedimenti in materia di potestà tenuto conto che si tratta di provvedimenti per loro natura soggetti alla clausola “rebus sic stantibus”: ad es.: che debbano essere chiesti solo dopo che il procedimento si è definito, che l’istanza debba essere proposta sempre al giudice di primo grado, per rispettare il principio del doppio grado di giurisdizione, che l’istanza debba fondarsi solo su cause sopravvenute; ecc.;

e) nell’introdurre il principio che le parti private non possono stare in giudizio se non con il ministero o l’assistenza di un avvocato, eventualmente nominato d’ufficio (art. 1 del progetto, riferito specificamente alla L. n. 184/83 come modificata dalla L. n. 149/2001), si fa uso di una dizione troppo generica, che potrebbe dare ingresso ad una serie di problemi applicativi. Ad es.: la norma non contiene alcun riferimento specifico al minore (dimenticando quanto prevede in merito l’art. 8 della L. 149/2001); manca un tentativo di tenere conto di quanto stabilito circa l’esercizio dei diritti dei fanciulli nei processi civili dalla Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, entrata di recente in vigore anche in Italia; più in generale, andrebbero chiariti la figura ed il ruolo del difensore d’ufficio, novità assoluta nel campo civile (es. cosa accada nell’irreperibilità dell’assistito, ecc.); la norma andrebbe coordinata con quelle in materia di adozione internazionale: così come è potrebbe ritenersi applicabile per analogia all’adozione internazionale che però prevede procedimenti che non sono a contenuto sostanzialmente contenzioso per i quali quindi non si impone di necessità la presenza del difensore;

f) nel prevedere che il ricorso debba essere notificato ai controinteressati unitamente al decreto presidenziale che fissa l’udienza di prima comparizione (co. 4 dell’art. 337, come modificato dall’art. 2 della proposta), nulla si dice in ordine alla notificazione, e cioè se debba avvenire ad iniziativa del ricorrente o di ufficio (soluzione quest’ultima che si impone avendo il giudice potere d’impulso d’ufficio);

g) circa la possibilità che il presidente adotti provvedimenti temporanei in caso di urgenza (ult. comma dell’art. 336 modificato dal progetto), la norma presuppone la previa proposizione di un ricorso. Ne resta così eliminata la (attuale) possibilità di un provvedimento di ufficio nei casi (così frequenti nella pratica) di assoluta urgenza per il minore, possibilità che pur rimarrebbe conforme ai principi costituzionali;

h) la previsione dell’art. 3 del progetto (a modifica dell’art. 337), secondo cui la legittimazione spetta al P.M. ed ai genitori, appare troppo limitativa, potendosi riconoscere la legittimazione anche ad altri soggetti (es. gli affidatari), come del resto potrebbe arguirsi dal co. 8 del medesimo articolo, che parla di soggetti che acquistano la qualità di parte nel corso del procedimento;

i) secondo la previsione del ddl (v. art. 337-ter primo comma), l'udienza deve svolgersi in contraddittorio delle parti:la dizione usata dal primo comma dell'art. in esame è sostanzialmente uguale a quella del quinto comma della'rt. 111 della Costituzione, ma produce un irrigidimento del rito camerale, che per sua natura dovrebbe svolgersi nel modo più informale e celere possibile, in uno schema formale che non si risocntra nemmeno neòl rito ordinario a struttura contenziosa;

l) non pare corretta la previsione che il collegio decida con “ordinanza” immediatamente esecutiva (art. 337quinquies, introdotto dall’art. 4), trattandosi di un provvedimento decisorio che chiude il giudizio. Meglio sarebbe prevedere la decisione con sentenza, uniformando così la materia della potestà a quella dell’adozione; più garantista sarebbe inoltre un termine di 30 giorni per proporre appello contro la sentenza, anziché quello di 10 giorni ivi previsto per il reclamo.