Intervista a Laura Laera, giudice minorile a Milano: «Nel progetto di Castelli un ritorno al passato, dai diritti dei minori ai diritti della famiglia sui minori». E per la giustizia penale un intervento tutto repressivo
BRUNO PERINI
MILANO
«Si tratta prima di tutto di uno scontro culturale. Chi ha presentato quel disegno di legge sul tribunale dei minori vuole tornare a una concezione patriarcale della famiglia. Un ritorno al passato che cancella anni di elaborazione culturale su questo delicatissimo tema.
Per dirla in modo più esplicito la riforma presentata dal ministro della giustizia Roberto Castelli si preoccupa di tutelare i diritti degli adulti sui minori piuttosto che i diritti dei minori. Tutto ciò è molto preoccupante». Il giudizio di Laura Laera, giudice del Tribunale dei Minori di Milano, nonchè segretaria della sezione milanese dell'associazione magistrati per i minorenni, è severo a proposito della fallimentare riforma siglata dal guardasigilli leghista, bocciata ieri in parlamento. Nonostante venga il sospetto che la riforma del ministro avesse come obiettivo i magistrati, accusati di essere «ladri di bambini», Laura Laera non ne fa un problema politico, non vuole rinfocolare la polemica. Né se la sente di rispondere ai deliri di Umberto Bossi o allo show messo in scena da Radio Padania. Il giudice milanese sa bene che i magistrati sono nel mirino della Lega da anni ormai, ma è convinta che il problema del tribunale dei minori sia «troppo serio e delicato» per liquidarlo con qualche battuta polemica in difesa dei giudici.
Vi hanno accusato di essere ladri di bambini e senza mezzi termini hanno proposto l'abolizione del tribunale dei minori. Cosa rispondete?
Cosa significa ladri di bambini? Ancora una volta vogliono delegittimare i giudici. Ci facciano vedere casi in cui dei bambini sono stati «sequestrati» dai giudici, come ha detto qualcuno in parlamento, e ne discuteremo. A me e ai miei colleghi risultano, invece, casi drammatici, casi in cui bambini inermi sono stati massacrati di botte o addirittura abusati. Cosa dovremmo fare? Lasciarli nelle mani dei loro genitori per non infastidire la famiglia? Vorrebbe dire tornare indietro di decenni e lasciare i minori al loro destino. Il retroterra culturale della riforma bocciata dal parlamento è chiaro: vi è la profonda convinzione che la magistratura non debba mettere il naso nelle cose di famiglia. E' questo che infastidisce maggiormente. In realtà è un'operazione demagogica: sostenere che i giudici portano via i bambini alle famiglie per riempire le comunità e far guadagnare gli istituti è abnorme. E' un'accusa che si commenta da sola. E se vogliamo proprio esaminare il profilo di tutela del diritto degli adulti nelle procedure minorili, constatiamo che il progetto di riforma ha tralasciato di fornire una procedura che assicuri una più puntuale difesa degli adulti e dei minori nel processo minorile, da tempo invocata da giudici e da avvocati.
Il problema è scoppiato per una questione relativa alla giustizia civile. Cosa sostiene la riforma in sede penale?
Esiste un altro disegno di legge presentato dal ministro Castelli che prevede un maggiore inasprimento di alcune misure che riguardano il processo penale minorile. Anche a questo proposito di può osservare che la filosofia che ispira i progetti di riforma del ministro è a carattere repressivo e non trova corrispondenza nella realtà della criminalità minorile, che non costituisce affatto un'emergenza. I dati messi a disposizione dallo stesso ministero indicano anzi che i reati commessi dai minori, dal 1991 ad oggi, hanno avuto un andamento più o meno costante se non addirittura in calo.
Questo significa che al tribunale dei minori va tutto bene?
No, certamente no. Sono tanti i nodi critici che devono essere affrontati sia in sede legislativa sia in sede politica. La frammentazione delle competenze richiederebbe certo una riunificazione ma con una struttura giudiziaria specializzata che riunisca su di sè le diverse competenze ora sparse tra i vari giudici, come ad esempio un tribunale della famiglia. Con la previsione di adeguate risorse di organico che consentirebbe la trattazione rapida e competente delle delicate questioni che attengono alla famiglia. Un'altra carenza riguarda le scarse risorse nel settore sociale che rende sempre più difficile intervenire a sostegno della famiglia. D'altronde, una riforma che doveva essere a costo zero vale zero.