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CONSULTA PERMANENTE CITTADINA DEL COMUNE DI ROMA PER I PROBLEMI PENITENZIARI V Dipartimento Aree della solidarietà

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CONSULTA PERMANENTE CITTADINA DEL COMUNE DI ROMA PER I PROBLEMI PENITENZIARI V Dipartimento Aree della solidarietà Tel.. 06 - 76902110

GIU LE MANI DAI MINORI!

I DUE DISEGNI DI LEGGE VARATI DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI NEI CONFRONTI DEI MINORI AUTORI DI REATI CREANO MANOVALANZA PER LA MAFIA E PER LA CRIMINALITA' ORGANIZZATA

Una manifestazione nazionale ed una petizione popolare per bloccare i disegni di legge che il Consiglio dei Ministri ha varato per riformare la Giustizia Minorile.

Sono queste le iniziative che la Consulta del comune di Roma, la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, il Gruppo Abele, la CGIL Nazionale Politiche sociali e della Salute e la Lega delle Autonomie Locali metteranno in atto per protestare contro i regolamenti che modificano in senso restrittivo, repressivo e punitivo i provvedimenti per i minori. Riteniamo importante in questo momento essere presenti, come cittadinanza attiva, e avviare un confronto e un approfondimento di una delle tematiche che più ci stanno a cuore, cioè il rapporto che deve intercorrere tra i minori e la giustizia. Se da un lato, infatti, l'organizzazione dell'esecuzione penale minorile deve essere rivista, migliorata e pianificata, dall'altro è necessario e urgente individuare e risolvere le cause che inducono un minore a compiere reati. Nell'affrontare il problema dei giovani che compiono reati, non possiamo permetterci di adottare alcuna semplificazione perché questo atteggiamento non fa che acuire il problema. Nessun adulto deve dimenticare che la condizione dei minori e dei giovani in genere, costituisce l’aspetto più caratterizzante della nostra società. Per questo riteniamo che non si possa raggiungere un risultato soddisfacente nell'interpretazione del disagio minorile senza collegare le azioni dei giovani alla situazione culturale e sociale nel suo complesso. I disegni di legge varati dal Consiglio dei Ministri vanno nella direzione contraria a queste nostre convinzioni. In essi è previsto: - lo smantellamento dei tribunali dei minori, che si troverebbero a gestire solo le cause penali, mentre tutte le competenze verrebbero affidate a sezioni speciali dei tribunali ordinari e delle Corti d’Appello che, considerando le 35.000 imputazioni in più che si troverebbero a gestire, si intaserebbero fino al collasso totale, - l'eliminazione delle figure professionali e tecniche previste dall’attuale legge, quali psicologi, assistenti sociali, educatori, - che il giudice potrà ricorrere con più facilità alla custodia cautelare, - che un minore in espiazione di pena in un istituto minorile venga trasferito, all’età di 18 anni, negli istituti penali per adulti. al contrario di quanto avviene con la legge 663/86 che ne prevede l’ingresso solo dopo aver compiuto i 21 anni. Ma la norma che più ci preoccupa e che riteniamo pericolosa per la libertà personale e la democrazie riguarda i giovani minori, che partecipando a manifestazioni e incorrendo nel reato di Resistenza a pubblico ufficiale vengono direttamente arrestati e imprigionati senza che gli venga concessa la “messa alla prova”. Manifestare per un giovane, in questo modo, non equivarrebbe più ad un diritto ma ad un rischio, considerando che le denunce per questo reato durante le manifestazioni riguardano nella maggior parte giovani che tentano di fuggire dalle cariche delle forze dell’ordine. Un altro aspetto che ci inquieta è la possibilità che, così facendo, si favorisca la produzione di manodopera per la criminalità organizzata in quella che noi definiamo la scuola superiore della delinquenza, cioè il carcere degli adulti. Questi disegni di legge sono in netto contrasto con il principio costituzionale sancito dall’ articolo 27 che recita che la pena deve essere rieducativa e non punitiva, sono contrari a tutta disciplina e alla giurisprudenza italiana e si pongono in contrasto con la normativa internazionale ratificata dall’Italia. Per questo noi, operatori del volontariato e della cooperazione sociale siamo costretti, nostro malgrado, a porci in contrapposizione netta con tali interpretazioni della condizione dei minori e con tutte le azioni normative che da tali interpretazioni derivano. Tali proposte ci trovano fermamente contrari non solo perché sappiamo, dopo anni di esperienza, che leggi che inaspriscono le pene non bastano a modificare i comportamenti, ma anche perché ricorrere alla coercizione e alla punizione significa trascurare il fatto che la maggior parte dei minori coinvolti in forme di criminalità minorile è in gran parte portatrice di un disagio sociale, culturale e psicologico profondo. Per lo più stranieri, tossicodipendenti che compiono reati legati alla droga, rapine, piccoli furti. Gli italiani sono pochi e presentano tutti gravi problemi psicologici e psichiatrici. Da ciò si deduce che nelle maglie della giustizia finiscono minori che hanno una condizione economica, familiare, sociale e culturale sfavorevole. Il modello coercitivo mostra già tutta la sua fragilità perché non aiuta il recupero, e il reinserimento tant'è che a fine pena, abbandona il minore a se stesso, in attesa del reato successivo. Eliminare i il carcere minorile rappresenterebbe una crescita culturale e sociale per tutti noi perché sotto tanti aspetti, è inaccettabile e inutile, produce sofferenza ed esclusione sociale, e non può essere considerato come una risposta al problema. Siamo convinti che ci sono altre azioni sociali che possono essere avviate e realizzate per prevenire la violenza e i reati in genere e che sia possibile recuperare lì dove non si è stati in grado d'intervenire prima: sostegno psicologico, educazione, cultura, valori solidali, che sono gli elementi Fondamentali per raggiungere gli obiettivi di recupero. La frammentazione e le posizioni contrapposte, rigide, non ci aiutano a trovare un efficace intervento strategico, Occorre, invece, collaborare e confrontarsi per sviluppare strategie nuove e risolutive che vedano partecipi istituzioni, enti locali, terzo settore. I meccanismi della giustizia, da soli, non possono dare risposta alla richiesta di aiuto, di solidarietà, e di soccorso del minore. Per questo una giustizia giusta non può esprimersi solo nella fase processuale e nell'entità della pena ma anche attraverso un'azione che affermi il diritto di ogni persona ad agire da protagonista nella vita sociale, soprattutto là dove maggiormente si creano le concentrazioni più esplosive del disagio e dove la cultura criminale trova alimento e giustificazione per assenza di Stato.