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Pasquale Andria: Intervento al XXVI Congresso dell'ANM (1.3.02)

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Questo intervento - che svolgo a nome dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia – si colloca non a caso nella fase del dibattito congressuale dedicato al tema della TUTELA dei DIRITTI e della INDIPENDENZA della MAGISTRATURA, che è condizione per la effettività di questa tutela. Diciamo subito che il disegno riformatore del Governo in materia di giustizia minorile desta vivissima preoccupazione.

L’ipotesi è, in primo luogo, di scindere le competenze civili da quelle penali, assegnando le prime a sezioni “specializzate” dei tribunali ordinari, lasciando solo le seconde ai tribunali per i minorenni. - Ciò contraddice alla complessa e ricca tradizione culturale della giurisdizione minorile italiana, intrinsecamente unitaria: solo l’unità della giurisdizione, legando insieme gli interventi civili e quelli penali, è in grado di assicurare una tutela efficace e di non risospingere il penale in una sorta di riduzionismo puramente repressivo-punitivo. - Il secondo ordine di considerazioni pertiene al concetto di specializzazione: quella specializzazione che la Corte Costituzionale, con la sentenza 222/83, ha riconosciuto come necessaria “funzione” della tutela dei minori dal momento che ha indicato il TM tra quegli istituti di cui la Repubblica deve favorire lo sviluppo e il funzionamento. Il disegno del Governo prevede la eliminazione dai collegi giudicanti civili dei giudici laici. A parte il fatto che non si comprende perché la composizione mista sia preservata solo in penale, occorre dire che la specializzazione - sostanziale e non solo formale – esige un’ integrazione di saperi e una loro benefica “contaminazione” per una lettura e una comprensione interdisciplinari dei bisogni dei minori. I giudici minorili – sia chiaro- non si sentono e non si sono mai sentiti meno giudici e non hanno mai rinunciato a tale loro identità, pur avendola interpretata e vissuta – alla luce dei principi costituzionali – nella originalità che la particolare soggettività del minore e la particolare natura degli interessi in gioco esigono. Essi però, proprio perché giudici, sono stati ben consapevoli che il loro sapere, non basta a se stesso. - Disperdere e dissipare la grande esperienza che – proprio da questa integrazione è nata nella storia giudiziaria del nostro Paese sarebbe un grande impoverimento e un arretramento di molti decenni, proprio oggi che le Carte internazionali hanno recepito – io credo anche grazie all’impulso della cultura che è sottesa alla legislazione minorile italiana, costituzionale e ordinaria - principi fondamentali che avvertiamo – in parte - pericolosamente ridiscussi. Quella esperienza è riuscita ad elaborare una teoria generale sulla condizione del minore, ripresa ed approfondita in dottrina, anche grazie all’apporto dei laici, una “cultura vivente” (Chiavario) che rischia di essere azzerata. - Tutto questo non significa che si debba lasciare inalterato l’esistente. Da tempo i giudici minorili segnalano la necessità del riordino delle competenze disperse in capo a un unico giudice effettivamente specializzato:il giudice della persona e della famiglia,che non significa mettere la famiglia sotto tutela o sottrarle l’autonomia che la Costituzione le riconosce, ma razionalizzare gli interventi giudiziari per un sostegno che, non solo attraverso l’apparato amministrativo, ma anche attraverso la giurisdizione, e nei modi propri della giurisdizione, occorre garantire alla famiglia salvo che – auspicandosi il contrario – non si voglia considerare le relazioni familiari come un fatto puramente “privato” e contrattualistico con grave, inevitabile conseguente danno per i soggetti deboli. - E’ dunque necessario porre mano a una riforma ordinamentale e peraltro prevedere una presenza più diffusa di questi organi di giustizia sul territorio, al tempo stesso adeguando le procedure ai principi del giusto processo, peraltro oggi già applicati dai TM pure in mancanza di una legislazione di attuazione che il Parlamento non ha predisposto e di cui peraltro non risulta che il disegno riformatore del Governo abbia finora iniziato a occuparsi. Chi ha detto che dinanzi ad un giudice specializzato non sia possibile realizzare i principi che sono stati costituzionalizzati con la novella del ’99? Queste preoccupazioni, allora, non nascondono posizioni puramente conservative, ma piuttosto che si vada verso un’attenuazione della tutela dei minori, una sostanziale “deregulation” della relazione endofamilliari,risospinte verso una deriva “privatistica”, che fa apparire ogni intervento di protezione e di tutela come intollerabilmente invasivo. Questo tipo di legislazione, che il Governo preannuncia, tutela solo gli adulti, non certamente i minori.

Salerno , 1/3/2002 Pasquale Andria