Il Comitato per i Minori Stranieri ha emanato, il 14 ottobre 2002, una nota interpretativa relativa all’art. 25 legge 30 luglio 2002 n. 189 (cosiddetta Bossi – Fini), che ha integrato l’art. 32 testo unico 25 luglio 1998 n. 286 (cosiddetta Turco – Napolitano) e che riguarda il conseguimento del permesso di soggiorno da parte dei minori stranieri che raggiungono la maggiore età.
Taluni temono che non si tratti di una integrazione, ma di una modificazione in senso restrittivo, nel senso che il permesso di soggiorno non potrebbe essere rilasciato, qualora alla condizione già prevista dal primo comma dell’art. 32 (affidamento ad almeno un genitore regolarmente soggiornante in Italia, ovvero affidamento familiare ex art. 4 Legge 4 maggio 1983 n. 184, ovvero affidamento ex art. 2 della stessa legge) non si aggiunga quella introdotta dalla legge Bossi – Fini, che richiede la permanenza in Italia da almeno tre anni e l’inserimento per due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente qualificato.
La nota del CMS, che è stata recepita nella circolare Prot. CMS/MNA/O/6786 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, tranquillizza da questo punto di vista, ma contiene affermazioni sconcertanti, che confermano, purtroppo, quanto fossero fondate le mie osservazioni critiche riguardo alle anomalie istituzionali, scaturite dal (l’esso stesso anomalo) decreto legislativo 13 aprile 1999 n.113, che aveva introdotto il cosiddetto rimpatrio assistito. L’anomalia della circolare, che si riproduce nelle parti salienti, consiste nel sottomettere l’attività giudiziaria, e quindi i giudici, alle decisioni del CMS, per quanto attiene all’affidamento ai sensi della legge 184/83 del minore straniero non accompagnato. Dice, infatti, la circolare che per i minori che, a giudizio del CMS, non meritano di essere rimpatriati e che, tuttavia, non hanno i requisiti di tempo e di progetto introdotti dalla legge Bossi – Fini, “il Comitato emette un provvedimento di non luogo a provvedere al rimpatrio nel quale viene indicato alla autorità giudiziaria di affidare il minore ai sensi della L. 184/83…”.
Come non vedere in questa proposizione una violazione dell’art. 101 della Costituzione, che assoggetta i giudici soltanto alla legge? Come non vedervi pure il vulnus al sistema costituzionale di divisione dei poteri, che assegna all’amministrazione il potere di provvedere in conformità alla legge ed al giudice quello di verificare che tale conformità sia osservata nel caso concreto? Da quando in qua il giudice esegue le decisioni dell’amministrazione emanando disposizioni conseguenti?
Una variante del medesimo, incostituzionale orientamento, espressa in termini appena più sfumati e attinente alla stessa fattispecie del minore per cui non si fa luogo al rimpatrio, è così formulata: “Nell'ipotesi in cui invece dalle indagini familiari emerge che il rimpatrio del minore non è opportuno, il Comitato emette un provvedimento sulla base del quale il giudice tutelare o il Tribunale per i minorenni affida il minore ai sensi della L. 184/83”. Non è tutto. Anche per i minori di età inferiore ai dodici anni, che la circolare stessa definisce “spesso vittime di tratta e di sfruttamento a carattere sessuale o lavorativo”, per i quali sembrerebbe ovvio che si attivi la protezione giudiziaria nelle forme del procedimento per la dichiarazione dello stato di adattabilità, il Comitato pretende di definire “specifiche linee di progetto e di interventi mirati di recupero …in applicazione di quanto previsto dalla Risoluzione del Consiglio di Europa del 1997”.
Insomma, lo scandalo continua…
Trento, 30 dicembre 2002
Dott. Gian Cristoforo Turri, Procuratore della Repubblica c/o il T.M. di Trento