DOCUMENTO DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI PER I MINORENNI E PER LA FAMIGLIA SUGLI EMENDAMENTI APPROVATI DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 7.3.2003
Il Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, presa visione degli emendamenti approvati dal Consiglio dei ministri al ddl 2517/C recante “ Delega al Governo per l’istituzione delle Sezioni specializzate per la famiglia e per i minori”, il 7 marzo scorso e recentemente presentati alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, rileva:
1) Permane, immutata nelle motivazioni di fondo, la valutazione negativa sin dall’inizio espressa sul disegno di riforma (v. documenti del 23.2.02, 4.3.02 e 4.5.02 , consultabili nel sito )
In particolare, l’emendamento reintroduce l’unità della giurisdizione minorile, così rimediando a un’irragionevole e dannosa scissione tra competenze civili e penali contenuta nel testo originario. Tuttavia, proprio tale condivisibile scelta evidenzia maggiormente l’inadeguatezza della soluzione ordinamentale perché la materia in esame – complessa e articolata – esige un elevato livello di specializzazione, garantita dall’autonomia organizzativa del giudice e dall’esclusività dell’esercizio delle funzioni.
Rispetto a tali esigenze risulterebbe assai più congrua l’istituzione di un autonomo tribunale per la persona e la famiglia che, solo, sarebbe in grado di assicurare una giurisdizione di qualità in termini di tutela reale ed effettiva, evitandosi peraltro l’innesto del segmento del minorile in un contesto giudiziario in forte sofferenza, con prevedibile ulteriore aggravamento del servizio giustizia sotto il profilo della sua efficienza.
L’opzione ordinamentale prospettata è inoltre assai debole perché non è previsto che le istituende Sezioni specializzate esercitino in via esclusiva le funzioni in materia di diritto di famiglia e dei minori, lasciandosi sostanzialmente irrisolto l’originario “nodo” della promiscuità sia pure con l’apparente limitazione delle “imprescindibili esigenze di servizio”, “casi eccezionali”, “adeguate motivazioni” : tali locuzioni limitative, introdotte con l’emendamento, costituiscono invero nient’altro che “clausole di stile”, attraverso le quali ogni decisione circa l’assegnazione – volta a volta – di affari di altra natura alle Sezioni specializzate è rimessa alla discrezionalità del capo dell’ufficio. Peraltro, la composizione delle Sezioni, avverrebbe evidentemente per destinazione tabellare e quindi secondo criteri non predeterminati e uniformi tra le varie sedi giudiziarie e, soprattutto, fuori della predisposizione di apposita pianta organica.
E' significativo, al riguardo, che, nella riformulazione dell’art.3, si sia sostituito al termine originario “determinazione” (dei posti in organico) il termine “assegnazione”, di ben diverso significato. Per l’ufficio del PM – al quale fanno carico poteri di iniziativa in materia civile oltre che penale – la specializzazione è ancora più evidentemente “sfumata” (art.5 del testo originario, del tutto invariato).
D’altro canto, resta confermato che la riforma dovrà essere realizzata a organico complessivo invariato (art.7 co.V), con ciò sottovalutandosi clamorosamente l’impatto della riforma stessa con le attuali risorse disponibili, dal momento che è prevista l’istituzione delle sezioni in ogni tribunale avente sede nei capoluoghi di provincia (art.7 I co. lett.b). Al riguardo, deve osservarsi che – pur condividendosi la scelta di una giurisdizione di prossimità da realizzare attraverso una più diffusa dislocazione degli organi giudiziari sul territorio – la soluzione prospettata appare del tutto impraticabile a organico invariato, laddove sarebbe più logico prevedere l’istituzione di tribunali autonomi “interprovinciali”con sezioni distaccate.
Si consideri che è illusoria l’ipotesi di utilizzare le risorse esistenti perché i tribunali per i minorenni sono attualmente ventinove a fronte delle oltre cento sezioni da istituire e i magistrati togati addetti agli stessi sono in tutto 182. Inoltre, solo pochissimi grandi tribunali ordinari, allo stato, sono dotati di sezione famiglia.
Analogo discorso vale con riguardo al reperimento, prevedibilmente assai problematico, di strutture proprie : i minori sottoposti a procedimento penale dovranno comparire nelle stesse sedi riservate agli adulti?
Non può non considerarsi, peraltro, che il venir meno di un organo di giustizia minorile effettivamente specializzato contraddice a valori che rivestono rilevanza costituzionale, come ribadito dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 222/1983, oltre che agli impegni assunti dal Governo italiano in sede internazionale, da ultimo il 10.3.2002 con la sottoscrizione della Risoluzione adottata al termine della sesta Seduta plenaria della Sessione Speciale delle Nazioni Unite sull’infanzia.
2) La specializzazione delle istituende Sezioni è in realtà solo formale, venendo del tutto disattesa nella sostanza tale esigenza. Ciò non soltanto a causa della mancata previsione dell’esercizio esclusivo delle funzioni, ma anche per la confermata estromissione dei giudici onorari dai collegi giudicanti in materia civile.
Questa scelta è assolutamente immotivata, per come ampiamente segnalato, sin dal primo annuncio del disegno di riforma, in tutti i documenti dell’Associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia e in numerosissime e autorevoli prese di posizione di varia estrazione e provenienza : basti qui ricordare quanto in proposito si afferma nel documento della Commissione Parlamentare per l’Infanzia, approvato all’unanimità il 17/12/2002 e contenente una critica serrata, dei rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari – di opposizione e di maggioranza – ai ddl Castelli ( vai al documento ).
Resta incomprensibile la differente composizione dei collegi che, in penale, prevedono la presenza di un giudice onorario, escluso dal civile. Per tale ultima area l’emendamento “recupera” la figura del giudice onorario, limitandone il compito a “delineare il profilo psicologico del minore e svolgere le audizioni nelle procedure di adozione”, esclusa la partecipazione alla camera di consiglio (art.6 bis co.2).
A prescindere dalla improprietà tecnica della locuzione “procedure di adozione”- che di per sé costituiscono un sub-procedimento successivo alla dichiarazione di adottabilità, mentre è probabile che qui ci si voglia riferire anche alla fase precedente, onde si sarebbe dovuto parlare di “procedure di adottabilità”- la rinuncia ad una risorsa fondamentale, quale quella costituita dai giudici onorari, che concorre a connotare sotto il profilo sostanziale la specializzazione del giudice, determina di fatto, al di là delle proclamazioni verbali, unitamente agli altri fattori sopra enunciati, l’abrogazione della giustizia minorile.
Peraltro non si comprende in base a quali criteri, nell’enumerazione delle categorie alle quali attingere per il reclutamento dei giudici onorari, vengano pretermessi alcuni saperi particolarmente significativi (sociologi, pedagogisti, ecc.) (cfr. art.6 bis co.I).
3) L’emendamento recupera la competenza amministrativa del tribunale per i minorenni, del tutto dimenticata nel testo originario, ma sorprendentemente le dedica una semplice menzione, senza farsi carico di definirne la portata, i contenuti e le modalità di esercizio, malgrado si tratti di un tema che la cultura minorile più recente sta rivisitando con particolare attenzione.
4) Nessuna sostanziale novità si registra in ordine alla questione, che invece riveste carattere di maggiore urgenza, quella cioè relativa alla strutturazione del procedimento civile minorile in conformità ai principi del giusto processo. L’art. 15 bis si limita ad enunciare generici e frettolosi criteri di delega al Governo per l’adozione, entro il termine di 12 mesi , di decreti delegati per la disciplina dei procedimenti ex art. 336 codice civile. Tali considerazioni, unitamente a quelle già espresse in altra sede con riguardo agli impropri e stravolgenti interventi in materia penale, confermano le preoccupazioni dei magistrati per i minorenni e per la famiglia e il giudizio fortemente negativo sull’impostazione complessiva del disegno riformatore del Governo.
2 aprile 2003 Il Consiglio Direttivo
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