Il Consiglio direttivo dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia,
premesso
1) che con mozione del 26-27 novembre 1999 questo Consiglio direttivo aveva già espresso le sue preoccupazioni per la condizione dei minori stranieri non accompagnati nel nostro Paese, rilevando la contraddittorietà delle disposizioni legislative di alcune delle quali ipotizzava l'incostituzionalità, la sovrapposizione degli interventi fra amministrazione e giurisdizione, la varietà di posizioni presenti all’interno della stessa giustizia minorile;
2) che a distanza di oltre cinque anni la legge n. 189/2002 (la c.d Bossi-Fini) ed il relativo Regolamento di attuazione (DPR n. 334/2004) non hanno apportato coerenza alla contraddittoria disciplina giuridica vigente, limitandosi ad introdurre marginali innovazioni;
3) che in questa situazione di incertezza si è reso necessario l’intervento della Corte costituzionale la quale con sentenza 23 maggio 2003 n. 198 ha parificato i minori stranieri sottoposti a tutela ai minori affidati, per cui non dovrebbe esserci più alcun dubbio sulla possibilità di concedere anche ai minori stranieri sotto tutela al compimento della maggiore età il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, familiari o di studio;
4) che peraltro il Ministero dell'interno sembra avere posto nel nulla la decisione n. 198/2003 della Corte costituzionale relativa alla legittimità dell'aspettativa dei minori sottoposti a tutela a conseguire il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, familiari o di studio, una volta raggiunta la maggiore età (Messaggio 400/AA/P/12.214.32);
4) che il Comitato per i minori stranieri a sua volta contravviene spesso all'impegno di provvedere all’autorizzazione alla permanenza in Italia dei minori stranieri non accompagnati con l’emissione di improvvide decisioni di rimpatrio, come é accaduto per cinque ragazzi rumeni ben avviati in progetti di inserimento nel distretto di Trieste;
5) che recentemente il Regolamento relativo al riconoscimento dello status di rifugiato (il DPR n. 303/2004) costituente fonte normativa secondaria ha rimesso al tribunale per i minorenni i compiti di ricevere la segnalazione, di nominare il tutore e di emanare provvedimenti temporanei di assistenza a favore del minore che abbia fatto richiesta di asilo (art. 2, 5), in deroga della disciplina della tutela contenuta nel codice civile che prevede che la tutela (di minori stranieri come di minori italiani) sia aperta avanti al giudice tutelare e sia aperta sempre quando ne ricorrono le condizioni (e non solo in via eventuale o provvisoria);
6) che, da ultimo, la nuova disciplina dell'apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione (artt. 47 e 48 D.Lgs. n. 276/2003) e la riforma Moratti (si veda l'emanando decreto delegato in attuazione della L. n. 53/2003) collocano l’istituto dell’apprendistato nel contesto del diritto all'istruzione, anziché in quello del diritto di lavorare, sicché i minori stranieri non accompagnati dovrebbero sempre potere stipulare contratti di apprendistato (con conseguente positiva caducazione della indicazione contraria che era stata data dal Ministero dell'interno con Circolare del 9/4/2001);
auspica
1) che le autorità giudiziarie minorili aprano un confronto culturale su tutte le predette questioni per assumere orientamenti possibilmente omogenei in ordine al trattamento dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riferimento ai poteri di cui l'autorità giudiziaria é investita in rapporto alle pubbliche amministrazioni (Comitato per i minori stranieri, Questure, Enti locali);
2) che i giudici tutelari provvedano ad aprire sempre delle tutele per i minori stranieri non accompagnati, affinché un tutore li rappresenti nelle procedure giudiziarie, amministrative e assistenziali che li riguardano e prenda cura della loro persona;
3) che il tutore dei minori stranieri non accompagnati non sia scelto nell’ente locale, il quale si trova in un virtuale conflitto di interessi, atteso che potrebbe essere indotto a chiedere la misura del rimpatrio assistito al fine di sottrarsi al carico di spesa per il mantenimento del minore, ma si preferisca la nomina a tutori di parenti, di persone che hanno un rapporto significativo con il minore, di esponenti di associazioni del volontariato;
4) che siano corretti e espressamente revocati quei punti delle circolari di polizia che, contrastando con la legge e con le convenzioni internazionali, generano equivoci sulle competenze giudiziarie, sugli strumenti di tutela dei minori stranieri e sulla concedibilità di permessi di soggiorno per minore età o al momento del diciottesimo anno di età;
5) che il Comitato per i minori stranieri consideri con umanità la condizione dei minori stranieri non accompagnati, concedendo che possano restare nel nostro Paese in tutti i casi in cui si stia realizzando un loro positivo inserimento e nei casi in cui non sia possibile un adeguato rimpatrio assistito presso la famiglia di origine;
6) che le Questure riconoscano il diritto dei minori stranieri non accompagnati all’apprendistato come diritto all’istruzione e poi, al compimento della maggiore età, convertano il permesso di soggiorno per minore età in permesso di soggiorno che consenta un inserimento stabile (per motivi di studio, di lavoro, di lavoro autonomo) per tutti quei minori non accompagnati che hanno fatto un positivo percorso di inserimento e che, per questo motivo, è bene che permangano a realizzare in Italia il loro progetto di vita;
7) che gli Enti locali prendano maggiormente a carico i minori stranieri non accompagnati, perché ad essi siano sempre assicurati quei sostegni educativi e materiali di cui hanno bisogno e così possano inserirsi con pari diritti e opportunità nella vita del nostro Paese.
Roma, 16 aprile 2005
Il Consiglio direttivo