La costruzione culturale del Sé: la via etnopsichiatrica ai patterns di accudimento e di cura di Paolo Campisi*
1. Introduzione
Storicamente, nella fase iniziale del processo migratorio verso il nostro Paese, la popolazione immigrata era prevalentemente costituita da soggetti sani che sul proprio patrimonio di salute fondavano il loro progetto migratorio.
Tuttavia, condizioni di vita non propriamente ottimali (disoccupazione, precariato, condizioni abitative inadeguate, carenze igieniche e incompatibilità climatiche, diete ali-mentari sbilanciate) e l’esposizione a fattori di rischio intrinseci (malattie importate dai paesi di provenienza, barriere culturali e linguistiche e disadattamento psicosociale, il venir meno delle reti sociali e familiari) in molti casi hanno determinato un deterioramento di tale patrimonio di salute degli immigrati, inducendoli ad un ricorso sempre più frequente all’assistenza della cultura ospite.
In seguito, con l’anzianità di immigrazione ed i ricongiungimenti familiari, sono pervenute al S.S.N. italiano conseguenti richieste sanitarie di anziani, donne e bambini portatori di bisogni specifici. La peculiarità della richiesta di assistenza psichiatrica si è ma-nifestata relativamente più tardi, anche per le ovvie differenze e dif-fidenze culturali e religiose che non permettevano agli immigrati (per lo più provenienti dall’Africa nera o maghrebina) di riconoscere i propri stati di sofferenza psichica secondo i nostri consueti modelli occidentali 1 (Rapporto 2002 sugli Stranieri in Provincia di Torino).
Tale flusso, che ha interessato inizialmente le aree metropolitane, si è via via diffuso anche nei centri submetropolitani e provinciali, spesso cogliendoci impreparati. Soprattutto nel campo della salute mentale l’impreparazione era dovuta all’incapacità di comprendere i modelli con cui si esprimeva la sofferenza psichica dei nostri utenti stranieri, abituati come si era alle nostre oramai secolari nosografie psichiatriche 2 (E. Kraepelin, 1893, 1899). Nosografie che tendevano a considerare gli stati di sofferenza psichica delle popolazioni coloniali come disturbi esotici ed etnici non inquadrabili in qualsivoglia capitolo di qualche Trattato di Psichiatria.
*Giudice onorario presso la C.A. di Torino – Primario dell’Unità modulare 2 del Dipartimento salute mentale ASL n. 8 di Chieri (TO);