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Il ruolo del giudice onorario minorile05

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Dott.ssa Pina Cucco, Giudice onorario presso il T.M. di Salerno

Vorrei far precedere ,d alcune considerazioni sul ruolo e le competenze del giudice onorario,una riflessione di carattere più generale sui rapporti che caratterizzano il Tribunale per i minorenni con il Territorio che presiede, perché ritengo che da queste relazioni  discendano il significato e l’identità del G.O.



Ciò che indusse gli illuminati legislatori, con l’art 2 del  regio decreto l. nr 1404 nel lontanissimo 1934, a fissare una composizione mista dell’organo giudicante, fu l’intuizione che il Tribunale dovesse garantirsi, nella sua stessa costituzione, di  un costante colloquio con la cultura del territorio locale sia  nei codici del dibattito scientifico sia nel  confronto con la prassi e con il sentire del senso comune.

Il giudice onorario è stato lo snodo di questo dialogo che  attraverso circoli virtuosi  è divenuto corale ,  rendendo permeabile  un sistema organizzativo come quello giudiziario che per natura si configura come un sistema rigido ed antropico.  L’evoluzione della giurisdizione minorile, che come sostiene il Prof. Carlo Moro, ha segnato la civiltà del nostro paese,   è stata resa possibile non solo dalla contaminazione dei saperi ma dal rapporto che questa contaminazione ha garantito fra il Tribunale e lo sviluppo ed i cambiamenti della cultura del territorio, permettendo il passaggio dal contenimento/ controllo/ tutela alla promozione della partecipazione della Persona del bambino che sempre più perde le connotazioni  statutarie per essere a pieno diritto solo persona-soggetto di diritto.

E’ pur vero che i rischi di eccessiva permeabilità e di intrusioni della cultura e delle prassi  del territorio non sono solo ideali ma sono costantemente presenti nelle costruzioni  giurisdizionali  invischiando  giuridico ed amministrativo, togliendo così identità   all’uno e all’altro.

Il Tribunale per i minorenni si configura non come una rocca inespugnabile su un” isola solo lambita dal mare del diritto” ma piuttosto come un spazio di  confronto e di scambi  con un  mediatore nel ruolo di  G.O.   Ed è  con queste premesse che la definizione del G.O. come “cittadino benemerito  dell’assistenza sociale, cultore di…..” conserva, a mio avviso, ancora intatta tutta la sua intensità semantica.

Il G.O. non è solo il portatore di una competenza culturale e/o professionale che contamina ed accresce la prassi giurisdizionale ma è innanzitutto un cittadino e come tale rappresenta l’assunzione di corresponsabilità del tessuto sociale sull’orientamento e la crescita dei propri cittadini più giovani, è un cittadino benemerito che con il suo pregresso impegno civile ha dimostrato di avere a cuore le problematiche dei bambini e dei ragazzi magari meno fortunati e che pertanto conosce le maglie  ed  nodi di quello specifico tessuto sociale ed infine è disposto a porre il suo sapere a servizio della  progettualità  ristrutturante dell’intervento del giudice minorile.

Sensibilità, equilibrio ed  attivo impegno sociale  nell’esercizio della stessa  competenza professionale differenziano il G.O dal Giudice popolare e dal consulente tecnico .

Un buon G.O. è colui che possiede una pienezza umana e professionale  che genera una franca e costruttiva autonomia allontanando da sé i rischi di  un’ atteggiamento emulativo o ancillare rispetto al Giudice di professione.

La tutela e la promozione dei diritti della persona del bambino  si esprime e si attua negli spazi della intersoggettività poiché i diritti del bambino sono diritti relazionali la cui fruizione effettiva  può essere promossa solo in una collegialità di competenze, di saperi, di ruoli e nella sinergie di progetti operativi.

Il G. minorile è altro dal giudice togato e dal giudice onorario, esso si esprime  nell’atto della decisione collegiale, trasformando le competenze in prassi orientate.

La Camera di Consiglio diviene un laboratorio formativo permanente attraverso una osmosi continua di scienze e coscienze.

E se quanto detto fin qui appare condividibile, ne discende che l’esclusione dalla giurisdizione minorile del G.O. non toglie l’apporto di un parere o di un orientamento ma cancella  settanta anni di crescita culturale

Annulla quel dialogo fra Istituzione giuridica e Territorio di cui i G.O. si facevano garanti  con il rischio che il diritto minorile non sia più  descritto come un’isola ma diventi un iceberg.