TRIBUNALE PER I MINORENNI PER L'EMILIA ROMAGNA IN BOLOGNA
Bologna, 9 dicembre 2003
A tutti i Giudici Togati ed Onorari
Oggetto: Messe alla prova e interventi ex art.27 del DL.vo 272/89 di attuazione del DPR 448/88 Cod. Proc. Pen. Minorile
L’art. 28 del CPP Min., nel prevedere la possibilità di sospendere il processo e mettere alla prova, dispone che “il giudice affida il minorenne ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno”. In base all’art.27 delle disposizioni di attuazione: “il presidente del collegio riceve le relazioni dei servizi e ha il potere, delegabile ad altro componente del collegio, di sentire, senza formalità di procedura, gli operatori e il minorenne”.
Questa disposizione non può essere intesa nel senso che il presidente o il giudice da lui delegato svolga una sorta di “supervisione” sul merito e sul metodo dell’attività dei Servizi, né tanto meno attui interventi diretti sul minore che, per la frequenza (convocazioni mensili o più ravvicinate) e per il tipo di approccio possano configurarsi come un’attività latamente psicopedagogica o psicoterapeutica.
Infatti da un lato è chiara la volontà della legge di demandare tale attività alla responsabilità e alla competenza dei Servizi, dall’altro è evidente che l’affiancamento sistematico di analoga attività da parte del giudice potrebbe comportare oggettiva confusione di ruoli con i servizi e porsi in contraddizione con la terzietà del giudice e con le garanzie di difesa, specie qualora la messa alla prova si rivelasse non riuscita e si dovesse riprendere il processo. Da queste considerazioni mi sembra poter ricavare che compito del giudice è quello di vigilare sull’andamento della prova, di sollecitare i Servizi nel caso in cui non si attivino per l’attuazione del progetto, di convocare il ragazzo per verificare il percorso compiuto o altrimenti per richiamarlo ad una maggiore osservanza degli impegni assunti, quando l’andamento della prova proceda con difficoltà.
Se questi sono, in generale, i poteri del giudice, la delega prevista dall’art.27 sopra citato non può essere intesa come una delega in bianco, in base alla quale il delegato possa autonomamente assumere iniziative che vanno al di là dei limiti ricavabili dal sistema della legge.
Poiché ho avuto modo di rilevare che invece alcune messe alla prova sono state gestite con diverse modalità, ritengo necessario precisare quanto sopra allo scopo di chiarire eventuali fraintendimenti sulle funzioni istituzionali dei giudici e di operare affinchè, nell’ambito del medesimo Tribunale, sia garantito ad ogni utente un trattamento sempre conforme alla legge e quanto più possibile uniforme.
Molto cordialmente. Il Presidente Elisa Ceccarelli