Corte Costituzionale, sentenza n. 425 del 16 novembre 2005
Il passaggio centrale della motivazione della sentenza è il seguente: "...La norma impugnata mira evidentemente a tutelare la gestante che – in situazioni particolarmente difficili dal punto di vista personale, economico o sociale – abbia deciso di non tenere con sé il bambino, offrendole la possibilità di partorire in una struttura sanitaria appropriata e di mantenere al contempo l’anonimato nella conseguente dichiarazione di nascita: e in tal modo intende – da un lato – assicurare che il parto avvenga in condizioni ottimali, sia per la madre che per il figlio, e – dall’altro – distogliere la donna da decisioni irreparabili, per quest’ultimo ben più gravi. L’esigenza di perseguire efficacemente questa duplice finalità spiega perché la norma non preveda per la tutela dell’anonimato della madre nessun tipo di limitazione, neanche temporale. Invero la scelta della gestante in difficoltà che la legge vuole favorire – per proteggere tanto lei quanto il nascituro – sarebbe resa oltremodo difficile se la decisione di partorire in una struttura medica adeguata, rimanendo anonima, potesse comportare per la donna, in base alla stessa norma, il rischio di essere, in un imprecisato futuro e su richiesta di un figlio mai conosciuto e già adulto, interpellata dall’autorità giudiziaria per decidere se confermare o revocare quella lontana dichiarazione di volontà.
Pertanto la norma impugnata, in quanto espressione di una ragionevole valutazione comparativa dei diritti inviolabili dei soggetti della vicenda, non si pone in contrasto con l’art. 2 della Costituzione...".